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giovedì 2 agosto 2012

La psicologia della Gestalt

La Gestalt secondo Fritz Perls
2. La psicologia della Gestalt




Avendo la psicologia come oggetto l’essere umano, queste, per essere utile, deve poter essere compresa senza nascondersi dietro gerghi troppo professionali, rendendosi accessibile ad ognuno.

L’approccio di Perls alla psicologia della Gestalt è realizzato con l’uso di assunti sensati che l’esperienza può dimostrare. Lo scopo è allontanare la psicologia dalla speculazione teorica e riportarla all’osservazione di fenomeni in atto.
Pearl specifica da subito che la Gestalt non vuole essere rivoluzionaria nelle teorie, quanto il modo in cui le teorie vengono applicate, guardando non i singoli fenomeni e classificandoli, bensì guardando il soggetto d’osservazione nel suo insieme. Con questo pensiero, Perls si riallaccia al concetto di alcuni psicologi tedeschi che svolgevano ricerche nel campo della percezione, giungendo alla conclusione che l’essere umano non percepisce separatamente i singoli processi, bensì li raccoglie e organizza sottoforma di insieme di stimoli.

Un esempio pratico:
Siamo in un salone, ad un happening. L’attenzione dei presenti è dettata a ciò a loro interessa:
L’alcolizzato cercherà subito il bar, la moglie che ha perso di vista il marito cercherà il suo uomo, etc. Man mano che l’oggetto di interesse è stato trovato/esplorato, l’attenzione si sposterà su altri interessi. E, così facendo, cambia anche la percezione che si ha della stanza e delle persone.
Quindi l’attenzione, quando mirata, influenza la percezione e si può spostare con facilità (Esempio: Ad una grossa risata tutti si voltano).

La scuola di psicologia fondata su questi assunti viene chiamata Gestalt, parola tedesca per cui non esiste una corretta traduzione in inglese o in italiano. La Gestalt è una struttura organizzata dalle singole parti che la compongono. La premessa è che la natura umana è organizzata in strutture e totalità, quindi singoli strutture che interagiscono all’interno di una totalità.

martedì 20 dicembre 2011

Introduzione alla Gestalt secondo Fritz Perls

La Gestalt secondo Fritz Perls
1. Introduzione


L’uomo moderno è divenuto un automa pieno di angosce e vive in uno stato di bassa vitalità.
Girovaga senza meta, senza sapere cosa desidera realmente e come potrebbe ottenerlo. Senza ardore ed entusiasmo si accinge a vivere la vita, vedendo come uno periodo di gioia l’infanzia e l’adolescenza, relegando la maturità a un periodo di austerità. È come se avesse perso la spontaneità, la capacità di sentire e di esprimere in modo creativo, mentre, invece, è bravissimo a parlare dei suoi guai (anche se è incapace di tenere loro testa).
Si sommerge di parole, esercizi verbali e intellettuali, invece di vivere la vita si nasconde in spiegazioni pseudo psichiatriche sull’essere umano.
Non vive il presente, ricorda troppo spesso il passato e tenta di plasmare il futuro, mentre il presente sono solo incombenze da svolgere.
Gli ultimi decenni hanno visto una crescita enorme delle conoscenze sull’essere umano, sui suoi meccanismi fisiologici e psicologici. Ma invece la capacità di divertirsi si è arrestata, come anche la conoscenza di come espandere i nostri interessi.
E anche se la conoscenza dei processi umani può essere un esercizio utile e divertente, non si coniuga con l’impresa quotidiana del vivere.
Si analizza altri e se stessi, si razionalizza, s’ingoiano termini psichiatrici senza digerirli, alimentando l’insoddisfazione, la quale può sfociare in nevrosi.
Siamo passati dal bambino che urla (in parte giustificatamente) “Non posso”, all’adulto che urla “Non posso perché la mia storia personale non me lo permette”.
Si sbaglia l’approccio a queste materie, le quali, invece, hanno come scopo l’autoconoscenza e la soddisfazione.
Forse si è arrivati a questo anche perché molti psicologi hanno trasformato le loro scoperte/riflessioni in dogmi, con condanne nette su determinati stili di vita.
L’autore di questo libro, Fritz Perls, ha, invece, un'altra base:
L’essere umano può vivere una vita più piene e ricca di quanto la maggior parte di noi vive adesso; deve scoprire la propria energia e il proprio entusiasmo.
Perls vuol tentare di unire teoria (e la sua applicazione) alla vita quotidiana, basandosi sull’esperienza e sull’osservazione.

lunedì 3 ottobre 2011

OSSERVAZIONE E INTERPRETAZIONE - Appunti di psicologia (3)

OSSERVAZIONE E INTERPRETAZIONE
L’osservazione avviene quando la persona percepisce dall’ambiente tramite i suoi 5 sensi. È, quindi, un dato oggettivo.
Nell’interpretazione, invece, la persona da una connotazione a quanto ha osservato. Quindi è un dato soggettivo.

L’essere umano non può osservare senza interpretare, quindi le due azioni sono strettamente collegate, tuttavia, proprio perché sono due dati completamente diversi, restano interamente distinte. Possiamo, quindi, dire che l’osservazione porta all’interpretazione.

L’IMPORTANZA DELL’INTERPRETAZIONE
Senza interpretazione, la percezione diventa solo una serie di stimoli che la persona riceve, mentre l’osservazione sarebbe solo una lista di fatti. Tramite l’interpretazione, invece, si da significato sia agli stimoli ricevuti, come anche a quanto abbiamo osservato.

L’INTEPRETAZIONE INFLUENZATA
Possiamo notare quanto accada spesso che un insieme di persone, osservando la stessa scena, ne dia la medesima interpretazione, come se esistesse un modo comune di interpretare un fatto. Questo accade sovente quando le persone condividono, ad esempio, età o stato sociale.
Sono molte le scene che si prestano all’interpretazione tramite cliché: ad esempio la scena di due persone di sesso opposto sedute su una panchina portano all’interpretazione che si tratti di una coppia, mentre invece potrebbe trattarsi di tutt’altro.
Altre scene, invece, ci portano ad un’interpretazione più personalizzata perché colpiscono la nostra emotività (Ad esempio: la pioggia).

L’OSSERVAZIONE CHE SVIA
Vi sono alcune scene che ci portano ad interpretazioni affrettate e fuorvianti.
Ad esempio: Una persona non ha i soldi per pagare un gelato. Mentre siamo portati ad interpretare che sia un poveraccio, potrebbe invece essere che abbia lasciato il portafogli a casa.

giovedì 8 settembre 2011

LA PERCEZIONE SOCIALE - Appunti di psicologia (2)

PERCEZIONE SOCIALE
È la percezione della persona attraverso le relazioni; si divide in percezione interna e percezione esterna (vd. sotto)

PERCEZIONE INTERNA
La prima impressione
Ogni relazione inizia con la prima impressione dell’altro. La prima impressione è il preconcetto* che mi faccio quando incontro una persona in base alla mia mentalità/modo di essere, ma anche un’interpretazione di ciò che altri mi possono dire prima che io conosca la persona in causa.
Spesso restiamo attaccati a questa prima impressione, non vedendo tutti i lati dell’altra persona e ignorando i futuri cambiamenti dell’altra persona. Inoltre in base al preconcetto che ci siamo creati sulla persona, quando questa farà un errore sarò indulgente se conservo una buona prima impressione, intransigente se invece la prima impressione era pessima.
La nostra percezione verso un’altra persona è anche influenzata dal contesto sociale, infatti l’appartenenza di una persona a un determinato gruppo influenza la nostra percezione verso quella persona. Tendiamo, quindi, a distinguere le persone in base al loro ruolo/ceto sociale/partito/religione/nazionalità/etc. Dovremmo, invece, “lasciarci sorprendere” dalla persona, guardarla bene mentre se ne approfondisce la conoscenza e, col passare del tempo, notare i cambiamenti che essa compie, perché OGNI persona è in continuo cambiamento.
*preconcetto: un giudizio costruito a priori, in base ad un imput dato da altri o dalla persona stessa.

Le aree delle percezione interna
Percezione del mondo esteriore
Percepiamo l’ambiente in cui ci troviamo (incluse le persone)
Percezione di se stesso, dei propri sentimenti e stati d’animo
Percepiamo noi stessi (come ci vediamo, come ci descriviamo) e percepiamo che i nostri sentimenti suscitano qualcosa dentro di noi
Percezione tramite attività mentale
Vediamo noi stesso attraverso i nostri ricordi oppure a la proiezione di come potremmo essere in futuro
Noi possiamo direzionare (a volte avviene inconsciamente) la nostra percezione da un area di percezione all’altra con grande facilità. Es: Parlo con qualcuno, mi distraggo pensando a qualcosa che mi è accaduto, me ne accorgo e ritorno a concentrarmi su quella persona.


PERCEZIONE ESTERNA
La socializzazione
Con socializzazione si intende il processo che parte dalla nostra nascita e chi porta ad incontrare altre persone (prima la madre e il padre, poi le persone collegate all’asilo, le persone a scuola, etc. etc.), ovvero l’inserimento dell’individuo in un gruppo/società. Quindi noi cresciamo attraverso la relazione.

L’orientamento
La vita nella collettività porta l’individuo a scegliere il suo orientamento:
Chi sono io?/Chi sono gli altri? Che cosa faccio io?/Cosa fanno gli altri? Che cosa provo io?/Che cosa provano gli altri? VERSO CHI MI ORIENTO?

La socializzazione, l’orientamento e la percezione
La socializzazione non sarebbe possibile senza percezione e orientamento, perché se da un lato dobbiamo registrare il nostro agire, dobbiamo anche essere in grado di registrare le conseguenze del nostro agire, cosa che spesso accade confrontandoci con altri.

I feedback
Noi interpretiamo anche il modo in cui veniamo visti da altri, infatti se ci confrontiamo con un’altra persona, spesso accadrà che noi ci vediamo in un modo, mentre invece la persona ci dirà di vederci in modo diverso.
Quindi accade spesso che la nostra percezione interna non combaci con la percezione esterna.
Il confronto/feedback con una persona in questi casi è quindi molto importante, in quanto attraverso il commento dell’altra persona posso accorgermi di alcuni lati che voglio cambiare/migliorare.


PERCEZIONE INTERNA ED ESTERNA
Semplificando, la percezione interna è come IO mi vedo, mentre la percezione esterna è come GLI ALTRI mi vedono. Di conseguenza accade spesso che le due percezioni non coincidono (vd. sopra: I Feedback).

giovedì 1 settembre 2011

LA PERCEZIONE - Appunti di psicologia (1)

La percezione

Percepire è la prima cosa che facciamo entrando in contatto con l’ambiente, ovvero ciò che colgono i 5 sensi (vista, olfatto, gusto, tatto e udito) dall’ambiente circostante, i quali assorbono questi stimoli tramite dei recettori (cellule specializzate nella ricezione), i quali, poi, trasmettono i dati al cervello tramite le fibre nervose.

PERCEPIRE SIGNIFICA RACCOGLIERE DEGLI STIMOLI.

Ovviamente tutti gli stimoli che riceviamo sarebbero troppo da gestire, quindi noi isoliamo/eliminiamo quelli che non ci servono/quelli per cui non nutriamo interesse. Di conseguenza noi cogliamo maggiormente ciò che ci colpisce o che ci serve.

Ognuno, come conseguenza del Costruttivismo*, legge i stimoli a modo suo, di conseguenza la percezione dipende da come siamo fatti e dal nostro vissuto.
Esempio 1: Diverse persone su un treno passeranno davanti agli stessi
paesaggi, ma ognuno si concentrerà su dei particolari che
maggiormente hanno colto la sua attenzione.
Esempio 2: Una sarta entra in una stanza: la prima cosa che nota dei
presenti sono i loro vestiti.
Esempio 3: Se sono convinto che ogni adolescente ha comportamenti
arroganti, quando incontrerò un adolescente troverò un
motivo che mi dia modo di credere che questi sia arrogante.

Se ne deduce il seguente schema:
Arriva uno stimolo (percepiamo) --> lo stimolo subisce un’elaborazione (viene eliminato o rimane) --> degli stimoli che rimangono, la persona ricerca un confronto/sensazione relativo al suo vissuto --> la persona interpreta quello che ha davanti.

Ovviamente una persona afflitta da disturbi di deficit sensoriali avrà una percezione disturbata.

Tenendo conto che ognuno di noi costruisce un proprio schema, il quale è come una gabbia; dobbiamo, per la nostra serenità, imparare ad uscire dal nostro schema e renderci disponibili ad accettarne altri, consapevoli che non esiste un punto di vista/modo di osservare corretto o sbagliato e che dobbiamo accettare il punto di vista dell’altro.


* Base del Costruttivismo:
Ogni individuo crea una sua realtà personale e lo fa usando le proprie regole interne, costruite in base al suo credo e alla sua esperienza di vita (non solo ciò che ha vissuto ma anche ciò ha visto/sentito/etc.). Quindi ognuno tende a modellare una propria realtà, basandosi sul suo vissuto.
Bisogna aggiungere che se, però, continuo ad agire sempre in base allo stesso schema, senza pormi la domanda se ci può essere un altro modo, allora rischio di scivolare nella patologia.