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domenica 15 agosto 2010

Moschea vicino a Ground Zero: memoria infangata o sguardo al futuro?

"Siamo negli Stati Uniti e il nostro impegno a favore della libertà di culto deve essere inalterabile. Il principio secondo il quale i popoli di tutte le fedi siano i benvenuti in questo Paese e quello secondo il quale non saranno trattati in modo diverso dal loro governo è essenziale per essere quello che siamo"
Questo è solo un estratto dal discorso del presidente USA Obama a favore della costruzione di una moschea a soli due isolati del tristemente famoso "Ground zero" di New York.
Obama sotto diversi aspetti mi è simpatico, pur non condividendo appieno diverse sue decisioni. Eppure questa scelta coraggiosa gli restituisce, secondo il mio punto di vista, la dignità della sua campagna elettorale.
"Yes, we can".
Sì, possiamo costruire una moschea nelle vicinanze di un attacco terroristico ad opera di estremisti islamici che ha scosso gli Stati Uniti (e l'intero mondo occidentale), tanto che per molti statunitensi New York si divide in un due collacazioni storice: pre 9/11 e post 9/11.
Sì, possiamo farlo anche se al momento Obama non è di certo all'apice della sua popolarità.
Sì, possiamo farlo anche se tra un mese ricorra il 9° anniversario di quell'attentato.
Sì, possiamo farlo anche se Obama avrebbe potuto tranquillamente astenersi di pronunciarsi in merito a una questione, obiettivamente, locale e non nazionale.
Sì, possiamo farlo perché non bisogna identificare una cultura e una religione in base solo a degli estremisti.
Ma questa è solo la mia opinione, di certo non condivisa da un largo ceto di persone, come dimostrano anche le numerose proteste che fioccano da parte di chi a New York ci vive e da diverse parti degli Stati Uniti. E sono certo che anche nella vecchia Europa, che più volte ha dimostrato di allinearsi alla linea "tolleranza zero" verso l'Islam, più di qualcuno abbia storto il naso.
Anche il mondo islamico non mostra accondiscendenza, accusando Obama di fare del semplice simbolismo, un piccolo gesto che poco vale, mentre il campo di Guantanamo resta aperto e le vittime innocenti dei bombarmenti in Afghanistan e in Pakistan si accumulano. Effettivamente, vedendola sotto questa loro ottica, non si può dar loro torto, di certo non può bastare una moschea, anche se costruita a New York, anche se posizionata a poca distanza da Ground Zero, ad abbattere le barriere tra Islam e occidente e a terminare lunghissime guerre.
Ed è forse proprio qui il punto principale della questione: La costruzione di questa moschea è un diritto sancito dalla costituzione statunitense ma anche delle più elementari regole di vera democrazia, ovvero la libertà di culto.
Se la guerra in Iran e il confilitto infinito dell'Afghanistan ci hanno insegnato qualcosa è che dobbiamo smetterla di suddividere il mondo in "angeli occidentali" e "demoni islamici", si tratta di due culture diverse che hanno due religioni diverse.
I cattolici ormai sanno molto bene che anche gli esponenti della loro religione non sono esenti dal commettere peccato, come anche vi sono numerosi esempi quotidiani di esponenti del clero che dimostrano un'umanità straordinaria. Lo stesso principio si apllica a qualsiasi religione, anche all'Islam. E se cominciamo a parlare di terrorismo, non dimentichiamo che la nostra cultura ha inglobato dentro sé anche atti brutali quali inquisizioni, crociate, colonizzazione. Gli stessi statunitensi dovrebbero ricordare come solo 100 anni fa sono arrivati in Giappone ad imporre il loro concetto di civiltà senza andare troppo per il sottile. Col tempo, a quanto pare, noi occidentali abbiamo imparato una maggiore tolleranza (anche se continuiamo ad esportare la nostra identità culturale con la forza, mascherandoci come "liberatori"), abbiamo imparato a non affidarci al fanatismo religioso e a rispettare chi ha possiede una fede.
È davvero così incredibile che uno degli uomini più potenti al mondo abbia deciso questa strada? Quella strada che porta alla civiltà, al rispetto tra individui e nei confronti di religioni diverse?
Che possieda chiarezza nel vedere la differenza tra libertà di culto e fanatismo?
Se ci poniamo questa domanda, se critichiamo questa scelta, allora vuol dire che anche noi siamo integralisti e che il nostro sguardo è rivolto solo al passato.

Mauro Biancaniello

venerdì 15 gennaio 2010

Tassando i colpevoli / Parte 2°: si accende lo scontro

Ieri si parlava della proposta del presidente USA Obama per tassare le banche/istituto di credito responsabili dell'attuale crisi.
Oggi vediamo le conseguenze (Fonte: Il sole 24 ore):
Obama ha proposto una tassa sulla crisi agli istituti Usa aiutati con fondi pubblici con la seguente motivazione: "Rivogliamo il nostro denaro e ce lo riprenderemo. Se le banche sono sane abbastanza per pagare maxibonus odiosi, allora lo sono anche abbastanza per risarcire i contribuenti". E ancora: "Sappiamo bene che le banche sono essenziali per il corretto funzionamento dell’economia, ma non possiamo tornare al passato". Il suo progetto riguarderà le maggiori istituzioni finanziarie, quelle con asset superiori ai 50 miliardi di dollari. Il 60% della tassa sarà fornita dalle dieci maggiori banche del paese.

A mio avviso, quindi, si parte da un giustissimo presupposto, visto che se la crisi ha avuto questo effetto è evidente che i responsabili siano proprio le grandi banche USA.

Ma pronta arriva la replica, infatti secondo il quotidiano online The Politico gli istituti finanzari sostengono che la tassa avrà effetti negativi sull'economia costando fino a 1.000 miliardi di dollari in prestiti perduti. Un banchiere ha spiegato al quotidiano che "il denaro raccolto dall’erario verrà tolto al sistema bancario ed ogni dollaro di capitale ne genera 10 in prestiti". E siccome Obama punto a recuperare intorno ai 100 miliardi di dollari, i prestiti perduti saranno intorno ai 1.000 miliardi.


Ecco pronta la strategia che è vecchia come il mondo: la strategia della scusante, come a dire "noi non possiamo pagare una tassa simile. Non entriamo nel merito se sia giusta o meno, perché il problema è che i poveri bisognosi poi non potranno ricevere prestiti, perché ogni soldo di capitale viene trasformato in dieci di prestito."

Ora mi pongo una domanda, io che l'economia l'ho studiata col cannocchiale, senza riuscire a vedere più che i contorni:
Ma se le banche abbassassero lo stipendio ai managers (non mi risulta che questo natale abbiano dovuto mangiare alla mensa dei poveri) non potrebbero essere proprio questi soldi a servire per pagare la tassa? In questo modo i responsabili (manager che prendevano le decisioni) e i co-responsabili (banche che sostenevano i manager) sarebbe puniti per l'enorme errore commesso.

Ma forse ci sono anche altre soluzioni... ad ogni modo faccio una fatica boia a credere al fatto che ogni dollaro di capitale venga trasmutato in prestito, a me sembra una favola (e dico "favola" perché "balla" mi sembrava banale).

E a voi?

Mauro Biancaniello

giovedì 14 gennaio 2010

Tassando i colpevoli

Mentre scrivo, il presidente USA Obama si rivolgerà al suo paese, annunciando un progetto per tassare le banche (e probabilmente anche gli istituti di credito) responsabili per la crisi finanziaria.
Per un sunto vi rimando all'articolo del Sole 24 ore.

Spero vivamente che questa proposta vada avanti per due motivi:
A) Le banche, ad oggi, sono state colpevolizzate dal mondo intero per il modo cieco di aver agire e la loro responsabilità su questa crisi che, come tutti purtroppo sappiamo, non coinvolge solo i dati della finanza ma anche le economie di molte famiglie. Quindi una sanzione in questo senso mi pare più che giustificata, anche se attendo di scoprire come e quando verrà attuata. Ad ogni modo il principio dietro questa tassa, chiaramente punitiva, mi trova perfettamente concorde.
B) Se questa tassa va in porto, costituirà un precedente. Ergo: al prossimo errore (tocchiamo ferro, legno e testicoli) ci si potrà appoggiare a qualcosa e procede a sanzioni in modo molto più rapido (l'inizio della crisi non risale di certo agli ultimi mesi). E poi anche gli altri paesi, parlo soprattutto di quegli che si sono trovati a dover investire per salvare le loro banche (al momento mi viene in mente Inghilterra e Germania), si faranno più forti nelle loro pretese e, visto che in questo sistema capitalistico si è bravi a copiare dagli USA, ne seguano l'esempio.

Pare un piccolo passo in avanti, ora vediamo che cosa accadrà.

Mauro Biancaniello