"E' dovere di tutti noi aver fiducia nei nostri simili"
Mahatma Gandhi
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venerdì 31 marzo 2017
domenica 3 agosto 2014
L’ambiente familiare e la fanciullezza di Ganhdi
GANDHI di Giorgio Borsa
2.L’ambiente familiare e la fanciullezza di Ganhdi
2.L’ambiente familiare e la fanciullezza di Ganhdi
Mohandas Karamchand Ganhdi
nasce il 02/10/1969 a Portbandar.
Pur essendo questo piccolo
stato sotto la protezione inglese, manteneva, come anche gli altri piccoli
stati sotto il principato del Kathiawar, gli usi della tradizione indiana, in
quanto gli abitanti avevano evitato la contaminazione culturale dell’occidente.
E seppure la famiglia
Gahndi, nelle ultime generazioni, avesse ricoperto spesso la carica di primi
ministri nei vari stati del Kathiawar, essi appartavano, originariamente, al
gruppo catastale vaicya, dediti per lo più al commercio e all’agricoltura.
La madre di Mohandas
era la quarta moglie di Kaba Gahndi, era molto religiosa e si dedicava spesso a
pratiche ascetiche. Nella loro casa, si seguiva la religione indù con contaminazioni
jianie. Il Jianismo insegna una morale austera, che ricorda quella degli
stoici. Seppure entrambe le dottrine (Stoicismo e Jianismo) ammettessero il
suicidio come mezzo per liberarsi dalle leggi ferree della vita, nel Jianismo
tale gesto è comunque considerata come estrema ratio, in quanto liberarsi da un’esistenza
non significa liberarsi dal ciclo delle esistenze (samsâra). Per uscire da tale
ciclo, per non rinascere, bisogna che il karma maturi e arrivi al suo fine,
consumandosi nell’ascesi, ovvero evitare azioni che provochino nuovo afflusso
karmico.
Ad ogni modo, tolto
ogni estremismo (infatti non condiviso da molti praticanti), il Jianismo resta
una dottrina di rinuncia e di sacrificio, che insegna che le azioni dell’uomo
decidono il suo destino.
Il giovane Mohandas
venne quindi allevato in un’atmosfera di grande religiosità, nel culto della
verità, della sincerità e della lealtà.
La sincerità,
soprattutto, è considerata in India come una virtù cardine, la cui esaltazione
si ritrova nelle produzioni teatrali locali.
Mohandas, da piccoli,
rimase particolarmente colpito da una rappresentazione teatrale della leggenda
di Harrîccandra, un giovane eroe che affronta le prove più terribili per non
venire meno alla norma autoimposta di dire sempre la verità.
Altro aspetto
fondamentale dell’Jianismo e il grande rispetto per la vita: la nutrizione
tramite carne è considerata sbagliata, infatti gli europei venivano definiti “mangiatori
di carogne”.
Mohandas era uno
studente come tanti, che non brillava in particolare materie. Non imparò il sanscritto
e, di questo, anni dopo diede la colpa al sistema scolastico, troppo incentrato
sullo studio della lingua inglese.
A 13 anni fu sposato
dalla sua famiglia ad una sua coetanea, Kasturbai. Nell’età adulta, Mohandas
avrebbe criticato questi matrimoni combinati e l’età precoce in cui venivano
suggellati, ammettendo di essere stato “un piccolo despota” , condotto dai
desideri carnali, dalla gelosia e dalla possessione. Egli critica anche il
matrimonio tra caste, frutto di interessi materiali.
Il periodo del
matrimonio è fonte, per Mohandas, di grandi incertezze e della voglia di
sperimentare: Commette qualche furtarello nei confronti del fratello, vuole
assaggiare la carne, sperimenta l’ateismo ed, infine, stanco di tutto e tutti,
medita il suicidio, senza però arrivare a un vero tentativo.
Si libera dei suoi
tormenti confessandosi, con una lettera scritta al padre. Questi, solitamente
severissimo, pianse in silenzio e lo perdonò. Da lui, quindi, Mohandas riceve
la prima lezione di ahimsâ (bontà, amore per tutte le creature, lett: non –violenza).
Terminato il liceo,
Mohandas provò a frequentare l’università di Ahmebad, ma la preparazione
insufficiente non gli permise di seguire gli studi con successo. Nel frattempo
suo padre venne a mancare. La madre, appoggi ondosi al consiglio di un brahmano
(membro di casta sacerdotale), amico di famiglia, lo mandò a studiare in Inghilterra,
per divenire avvocato.
La madre era dapprima
reticente di togliere Mohandas dal suo tessuto culturale, per paura della
promiscuità, della mancanza di una cultura dietetica adatta alla tradizione, ma
poi si convinse a dare la sua benedizione, in quanto convinta che gli studi in
Europa avrebbero consentito a Mohandas di succedere al padre come Primo
Ministro (Diwan).
domenica 10 novembre 2013
L'India di Gandhi
GANDHI di Giorgio Borsa
1. L'India di Gandhi
1. L'India di Gandhi
L’India è una nazione
grande, la cui dimensione è pari a tutta l’Europa, esclusa la Russia.
Talmente grande, che
in essa troviamo 3 gruppi etnici distinti (Caucasico, Mongolico ed Etiopico).
Ai tempi dell’”India
di Gandhi” (1930), si contavano 12 gruppi linguistici, per un totale di 220
lingue.
Fondamentali (e
variegati) anche le credenze religiose; ad eccezioni dei culti minori, si
contavano 6 religioni principali: Maomettiani (concretati soprattutto nel
Bengala orientale e nel Punjab), Buddshisti (per la maggior parte in Birmania),
Parsi (Bombay), Cristiani (soprattutto tra aborigeni e caste inferiori) e,
ovviamente, gli Indù.
L’Induismo, come anche
l’Islamismo, è una religione basata su cultura e civiltà millenaria. Proprio
per questo si veniva a creare l’antagonismo tra le due religioni, separate da
un abisso culturale.
La popolazione indiana
era quasi esclusivamente rurale, con campi che non si trovavano sul proprio
terreno, ma spesso a chilometri di distanza. Alto, comunque, il numero di
braccianti tra la popolazione.
Nonostante l’aumento
di irrigazione tramite pozzi, la coltura indiana dipendeva principalmente dai
Monsoni, quindi soggetta alle condizioni climatiche. Da quanto sopra, si può
dedurre quanto fosse misera la vita per il contadino indiano. Oltre ai pochi
introiti, alla povertà si sommano enormi indebitamenti: anche i più poveri
hanno sempre speso grandi somme per le cerimonie (funerali, matrimoni, etc.).
La struttura sociale
indiana si può dividere in 3 punti: Casta, famiglia e villaggio. Il villaggio
indiano è un perfetto esempio di vita comunitaria autonoma da tempi ancestrali.
-
Casta
Il sistema castale
esiste da oltre 3'000 anni in India ed è andando sempre più ampliandosi.
Infatti si contano oltre 2'000 jâti (caste).
Originariamente esse si dividevano in 4 categorie:
Brahamani (sacerdoti)
Kshatriya (guerrieri)
Vacya (commercianti)
Cudra (lavoratori)
Si sono poi aggiunte
caste che si rifanno a tribù/razze distinte e alle professioni che si sono
create.
Ogni casta costituisce
una corporazione chiusa, con le proprie leggi e statuti e comuni riti
religiosi. Il contatto con membri di altre caste, specie nei tempi addietro,
era da evitare.
Esiste una graduatoria
delle classi, che funge da livello gerarchico tramite il quale esse s’interfacciano.
Tale graduatoria è dovuta alla “purezza” della classe: Tanto più la casta è
elevata, tanto più essa è pura. Una derivazione di tale gerarchia è alle base
di un complesso codice di comportamento che si deve assumere a dipendenza dell’appartenenza
all’una o all’altra classe. Tale particolarità, come si può immaginare, è stato
a lungo un grande ostacolo alla modernizzazione di questa nazione.
Ci troviamo di fronte
a una caratteristica culturale fondamentale di questa nazione, il cui sistema
castale è definito dai testi sacri indù.
Se, infatti, si pensa
che l’indù si basa (anche) sul concetto di karman,
ovvero che il buono o cattivo destino è frutto delle esistenze precedenti, e su
quello del samsara, ovvero che la
vita fisica è solo un bagliore di un’esistenza fatta di successive rinascite, è
chiaro come un sistema di caste (anch’esso generazionale e, quindi, soggetto
alla fato del samsara), abbia potuto
essere così longevo e resistere alla modernità.
-
Famiglia
Il nucleo famigliare,
nell’antica India, era un gruppo di famiglie che si potevano estendere anche
per 4 generazioni e la cui podestà è esercitata dal maschio più vecchio.
Tale sistema, di nuovo
altamente gerarchico, si è trovato a cozzare spesso con la modernità, con figli
che pretendevano di usare il loro diritto (a cui tempi addietro non si
ricorreva), di ricevere la loro quota di spettanza (ovvero moneta sonante) e di
andare a vivere per conto loro.
-
Le
classi
Le classi inferiori
nell’India di Gandhi erano praticamente analfabete.
Se quindi le classi
inferiori erano contadini e operai, le classi superiori e più colte erano
avvocati, medici, professori, giornalisti, insegnanti e funzionari di alto
grado. Accanto a questa classe emergeva da tempo sempre più spesso quella
formata da mercanti e finanzieri, formatasi grazie all’esperienza delle Compagnie
delle Indie.
Leggermente inferiore
la classe dei proprietari terrieri, spesse persone che governavano le loro
campagne stanno in città.
-
La
Gran Bretagna
L’Inghilterra, a quei
tempi, amministrava 3/5 dell’India continentale e 4/5 della sua popolazione.
Il restante
territorio/popolazione era legata alla Gran Bretagna da trattati che gli
rendevano, in pratica dei protettorati.
L’amministrazione
indiana era distinta in diversi rami,
nelle cui alte sfere vi erano unicamente cittadini brittanici.
Anche l’esercito
sottostava agli ordini di ufficiali britannici.
mercoledì 3 agosto 2011
GANDHI di Giorgio Borsa

Ho acquistato questo libro oltre dieci anni fa, di seconda mano, con le pagine già ingiallite dal tempo, quindi avevo iniziato a leggerlo con lo sguardo di un ventenne, infatti mi ero arrestato (per motivi futili) a metà libro, ovvero la parte che parla della vita di Gandhi.
Ma già allora, com’era già successo a migliaia di persone, sono rimasto toccato da questo personaggio, conosciuto durante il periodo scolastico con la visione del film con Ben Kingsley. Ma i film, come spesso accade, puntano, in un modo o nell’altro nella romanzare la vita di personaggi noti. Infatti il libro ci mostra un essere umano, per quanto straordinario, per quanto fonte d’ispirazione, che segue un suo percorso, ma anche capace di inciampare.
Ho ripreso il libro un anno fa, me lo sono letto con calma, un capitolo alla volta, solo quando c’era il tempo per concentrarmi.
Non è stato facile prendersi il tempo, la storia di questo simbolo della lotta non violenta è appassionante e Giorgio Borsa è eccellente nel mostrarci la sua storia evitando voli filosofici, mostrando invece la realtà nuda e cruda.
Ciò permette al lettore di vedere l’evoluzione di Gandhi, come anche il suo ruolo nella società indiana nella sua interezza.
Come detto, si esce dal romanzo e si entra nella storia, nuda e cruda. Vedere l’arroganza del popolo britannico, le mal interpretazioni delle iniziative di Gandhi, lo sfruttare questa straordinaria figura per fini propagandistici… il tutto è un gran sofferenza per il lettore.
Ma Giorgio Borsa va oltre la semplice biografia, mostrandoci il pensiero di Gandhi, le sue ispirazioni. Sapiente, solo raramente cita le sue parole, rendendole ancora più preziose.
Un libro di facile lettura (per essere una biografia, ovviamente), che in poco più di 200 pagine ci mostra la vita (e il pensiero) di Gandhi nella sua interezza e tutta la storia dell’India che è avvenuta in quegli anni. Un bellissimo regalo da fare a se stessi, per capire cosa significhi davvero la non violenza, per vedere l’uomo dietro il simbolo, per conoscere una grande storia, ottimamente riportata.
“Gandhi” di Giogio Borsa – edito da Bompiani nella collana “Tascabili saggi Bompiani”
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Recensioni letterarie
domenica 1 maggio 2011
martedì 22 marzo 2011
"Un codardo non è capace di dichiarare il proprio amore."

Mahatma Gandhi
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