"Romanzo criminale" è, a mio avviso, la più bella fiction della TV italiana degli ultimi anni, forse la migliore in assoluto.
Non vorrei parlare, in questa sede, degli ottimi attori, dell'ottima regia, bensì dell'atmosfera oscura che ha regnato durante tutta la prima stagione di questa serie televisiva, figlia di un film di Placido e nipote di un romanzo.
In questa serie vengono dipinti dei criminali e vengono dipinti così bene che quasi si riesce a simpatizzare per loro.
Quasi.
La violenza contro i propri nemici, lo spaccio di polveri bianche non può di certo essere perdonata. Tuttavia resta un punto che tutti noi possiamo ben capire: la ricerca del potere. E più potere si ha, più se ne vuole, non si è mai sazi. Non sono criminali da operetta quelli che questa fiction ci mostra, ma persone con uno scopo ben preciso: accumulare soldi e, quindi, potere. E più si sale, nelle gerarchie del potere, più bisogna andare a compromessi, con un nemico, con istituzioni corrotte.
Son i silenzi, ricchi e abbondanti, che tratteggiano al meglio questi personaggi, graziati da degli ottimi attori che ancor più ci mostrano come tra queste criminali ci potremmo essere noi: padri di famiglia, ragazzi innamorati, persone sole.
Le sparatorie non sono ecclattanti, con tanti "boom" o "bang", hanno un rumore sordo, quello di uno schoppio violento che ferisce le orecchie e uccide le persone.
Il realismo pervade ogni secondo della fiction, ci mostra come la via della criminilità possa modificare una persona, rendere amici fedeli degli sciaccali, pronti a nutrirsi del cadavere di una persona che abbracciavano pochi giorni prima.
E si arriva alla fine, alla morte del capo. Un capo che ha ottenuto tutto, un genio del crimine, ma un uomo sempre più solo, tuttavia capace di capire che va rispettato l'amico che se ne va per mai più tornare, piuttosto che la persona che ti guarda le spalle.
Passano gli anni nella fiction, le canne diventano coca e più forti diventano le sostanze, più debole il loro carattere. Ma quello del capo no, dotato di una forza d'animo spaventosa. Eppure mi chiedo: e se avesse fatto altro? Se fosse divenuto, chessò, un insegnante. Cosa avrebbe potuto dare alle persone attorno lui? Invece giace nella pioggia, accanto l'uomo (e preciso uomo, non divisa, un uomo tormentato ma tanto forte da non cedere a nulla) in divisa che voleva imprigionarlo. I suoi colleghi son dietro i poliziotti, quelli a cui lui ha dato potere, sesso, droga. Alcuni di loro poche ore prima programmavano di ucciderlo. Il capo, il Libanese, lascia un retaggio di morte e di sete di potere che lui ha stesso ha seminato con la sua ambizione, monito che il crimine, alla fine, non paga. Sicuramente non nella fiction, forse (o così mi piace credere) nemmeno nella vita vera.
Mauro Biancaniello
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Scheda della serie
Riassunto prima stagione
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