domenica 16 settembre 2012

Stormwatch Post Human Division Vol. 1


In un mondo di persone che hanno acuisito poteri cosa possono fare i semplici umani?
Christos Gage ci mostra come la risposta non sia scontata: non vi è bisogno di superpoteri per potersi difendere, ma ci vuole un speciale talento, proprio di ogni essere umano: l'intuizione e la predisposizione.
Graziato dal tratto di un Doug Mahnke mai così in forma, Stormwatch Post Human Division si mette in mostra come una serie mai banale, con personaggi che si fatica ad inquadrare, tanto sono le sfaccettature.
E anche se è passato qualche anno dalla prima pubblicazione, questa serie non perde di freschezza nemmeno per un'istante. Riesce nell'intento grazie a uno stile veloce nel parlare e nella trama, colma anche di un ottimo uso di un humor lievemente dissacrante: Se Christos Gage nelle sue opere precedenti (e posteriori) non brillava per i dialoghi e per trame originali, qui, invece, dà il meglio di sé, coadutivo dalle migliori matite (a mio avviso) che Dough Mahnke abbia mai prodotto. Il co-creatore di The Mask mostra tutta la sua maturità in questo volume: gli alieni sono alieni per davvero, lontano da ogni fisionomia umana, le espressioni dei personaggi sanno variare perfettamente: la perfetta sintesi tra realtà e finzione.
La premessa alla serie è semplice: non ci sono soldi, non ci sono risorse per vascelli ipertecnologici. C'è bisogno di gente normale, di persone perfettamente addestrate che, con pochi mezzi, possano rendere inoffensivi le minacce con poteri. E, tra le scelte, non tutte hanno un animo angelico, ognuna dotato di un tratto oscuro che fatica a nascondere, non dettato da ambizioni ma dal puro egoismo. Spicca unicamente John Doran, poliziotto senza macchia dedito al dovere. E anche se può sembrare un personaggio troppo retrò, si dimostra, invece, un baluardo di luce, a mostrare che la vera moralità, quella senza ostentazione, ha senso anche ai giorni nostri, che è giusto dare il massimo affinché altri possano avere una vita migliore, senza aspettarsi alcuna ricompensa, se non la fragile promessa di un mondo lievemente migliore.

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