Viviamo nell’era dell’immagine e la nostra curiosità ci spinge a guardare sempre più lontano, sempre più nell’intimità. Per questo, probabilmente, la televisione ci mostra immagini sempre più forti, non sono i produttori a volere certe trasmissioni, siamo noi, gli utenti, a decretare a gran voce di voler vedere vita e morte di chi sta sullo schermo.
Forse è da questo ragionamento che la Nothomb è partita per realizzare questo romanzo, forte come un pugno allo stomaco.
Siamo in un non meglio precisato futuro (e per futuro si può intendere anche domani), la gente viene raccolta per strada per un nuovo reality show, intitolato “Concentramento”. I kapò del campo vengono selezionati dai produttori, ma le vere star sono i normali cittadini, raccolti con dubbie retate e chiusi in un campo troppo simile ai vecchi campi di concentramento.
Le regole del reality sono estremamente semplici: chi non riesce a lavorare viene ucciso, in diretta televisiva.
Il successo di questo show è grandioso e presto raggiunge uno share sempre più alto. Ma il successo è una fonte che porta solo altra sete e allora si decide di dare una svolta al modo di selezionare chi deve venire escluso…
Amélie Nothomb ci porta dietro le mura di questo reality show, ci mostra la vita e i pensieri dei prigionieri, dei kapò. La vita fuori dalla mura viene solo accennata, con brevi ma significative frasi.
La scrittrice ci mostra quello che potrebbe accadere ed è questa consapevolezza a far correre al lettore un brivido freddo come il ghiaccio lungo alla schiena.
Nel microcosmo di questo reality vediamo a chi bassezza può arrivare l’animo umano: kapò incuranti di portare alla morte delle persone perché così raggiungono la notorietà, ma anche controllo su un essere umano, psicologico e sessuale. Prigionieri che più passa il tempo si allontanano da ogni forma di solidarietà, chiedendo ulteriori sacrifici a chi rischia per loro la vita per un piccolo pezzo di cioccolata.
La differenza tra la vita e la morte, in questo romanzo, si misura così: con due tavolette di cioccolato in più o in meno.
È un romanzo snello, che si legge in fretta, forse a tratti troppo veloce. Ma va bene così. Fosse stato più lungo ne avrebbe risentito di intensità, che rimane così intatta e forte, lasciando il lettore in preda a un senso di disgusto per la società che abbiamo aiutato a costruire.
Mauro Biancaniello
Abbiamo parlato di “Acido solforico” di Amélie Nothomb – edito da Quanda nella collana “Le Fenici tascabili”
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