venerdì 20 aprile 2012

XXXII

XXXII

 
Una notte che giacevo con un’orribile Ebrea,
cadavere disteso accanto a un cadavere,
vicino al suo corpo venale mi misi a pensare,
alla triste bellezza che il rimpianto mi nega.

Mi figurai la sua nativa maestà,
lo sguardo armato di grazia e vigore,
i suoi capelli, un casco profumato,
che nel ricordo mi riaccendono all’amore.

Con quale ardore il tuo nobile corpo avrei baciato,
e poi dai freschi piedi fino alle trecce nere
avrei profuso un tesoro di intime carezze

se, per una sera, con lacrime sincere
tu potessi, o sovrana delle più crudeli,
nelle tue pupille spegnere il gelido splendore

 Charles Baudelaire

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