Mi piacerebbe che fosse Barney, il protagonista di questo romanzo, a leggerlo ad alta voce. Me lo immagino chiaramente: in piedi, sul tavolino di fianco a lui un sigaro acceso posato sul posacenere e un bicchiere di whisky, giusto per schiarirsi la gola duranti brevi pause. Sarebbe una lettura ad alta velocità, probabilmente si mangerebbe le parole, interrompere la lettura per raccontare aneddoti che potrebbero cercare poco… e in alcune parti, quando parla di Miriam, la sua voce sarebbe rotta dalla commozione.
E alla fine della lettura, quando tutti avranno sulle labbra una sola e precisa domanda, lui saluterà tutti e sarà sparito dalla sala come un fantasma. Allora si sentirà un mormorio generale: “Ma è stato davvero lui ad uccidere il suo migliore amico?”
Barney è un amante dell’hockey, dei sigari, della buona cucina e dell’alcool. È ebreo, ma non se ne cura particolarmente. Possiede un senso dell’umorismo a tratti diabolico (da morire dal ridere le sue lettere anonime surreali che invia ai suoi avversari). Leggendo la sua storia potreste pensare che è un donnaiolo… ma non è vero: lui ama profondamente, solo che, a volte, inciampa… e manda a puttane tutto.
Un romanzo scritto con uno stile incredibilmente affascinante, con Barney che racconta la sua (lunga) storia scivolando tra un decennio e l’altro con nonchalance. All’inizio il lettore si perde in questi rapidi scambi temporali, poi, dopo poche pagine, riesce a prendere il ritmo… non che Barney gli renda le cose facili, ovviamente.
Con questo libro si ride, ci si commuove, si ride, ci si arrabbia… beh, principalmente si ride. Anche l’argomento più serio è trattato con una tale selvaggia ironia da riuscire a strappare sempre un sorriso al lettore.
Non posso che raccomandarvi a dare uno sguardo alla vita di Barney, anzi alla versione che lui stesso, inguaribile mentitore, da di se stesso.
Mauro Biancaniello
Stiamo parlando di “La versione di Barney” di Mordecai Richler – edito da Adelphi Edizioni nella collana “Gli Adelphi”
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