Lo confesso: della storia dell’Afghanistan ho sempre saputo molto poco, solo notizie di giornali e telegiornali. Hosseini ha colmato, con intelligenza e sensibilità, questa mia lacuna.
Nello splendido “Il cacciatore di aquiloni” vi è un aspetto che non dobbiamo dimenticare: la cronaca che si mescola alla narrazione. Stupisce dover constatare che questo sia un romanzo e non una biografia. Lo stile, le parole che Hosseini usa, il suo modo di trasmettere emozioni, non fa affatto pensare a un racconto di narrativa ed è ancora più incredibile che sia questa l’opera prima di Hosseini, il quale mescola con abilità la storia inventata con parte della sua storia personale e la Storia, quella narrata sui libri.
Inutile nasconderlo: il pregio più grande di questo romanzo è il fatto di mostrarci dei personaggi che sembrano respirare attraverso le parole del loro ideatore. Ancora una volta ci si trova di fronte personaggi di romanzo che agiscono e reagiscono da esseri umani, con le loro debolezze e la loro umana forza.
Il secondo pregio è che questo è un romanzo che è anche una testimonianza di chi nell’Afghanistan c’è cresciuto, che conosce le usanze e le trasmette, senza l’altezzosità di alcuni dotti, alle persone che vogliono ascoltare. Difatti alcune delle pagine più belle sono proprio quelle che descrivono la “vecchia” Kabul e alcune delle più crude quelle che si soffermano sull’Afghanistan pre-11/9.
Vi è una particolarità che mi ha colpito: Hosseini raramente descrive scene di violenza, lasciando che sia la prosa a narrare, invece che la voce del protagonista. Solo in una occasione siamo testimoni, tramite gli occhi di Amir, di una scena di tremenda violenza. Infatti quella scena ancora, dopo giorni che l’ho letta, continua a perseguitarmi.
“Il cacciatore di aquiloni”, pur essendo un’eccezionale opera prima, resta, tuttavia, un’opera con alcuni difetti, infatti non tutti i capitoli riescono ad avvolgere l’emozione del lettore allo stesso modo e alcuni spunti (l’eterno rivale, il rapporto di amore contrastato tra padre e figlio) danno un senso di déjà vu. Tuttavia queste sono ampiamente compensate dalla poesia che aleggia in ogni riga di questo libro.
Un libro che non posso fare a meno di consigliare: per il suo stile, per la sua testimonianza di un mondo a noi relativamente vicino eppure sconosciuto, per la passione che traspare da ogni pagina.
Mauro Biancaniello
Abbiamo parlato di “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini – edito da Piemme nella collana “Bestsellers”
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