lunedì 5 dicembre 2011

I consigli di Vincenzo Cerami ai giovani scrittori: La comicità

I consigli di Vincenzo Cerami ai giovani scrittori: La comicità



-    Far ridere
La comicità, pur rispettando le regole di fondo che strutturano un racconto, si pone su un piano diverso rispetto a quella di altre narrazioni. Si parlerà, in questo capitolo, soprattutto di comicità cinematografica perché proprio sul grande schermo essa si esprime al suo meglio: giochi verbali, ruzzoloni, etc.
La comicità rinuncia volontariamente alla profondità: gran parte dei personaggi di un’opera comica sono privi di approfondimenti psicologici e agiscono spesso fuori da ogni impianto sociologico, ideologico e naturalistico. Infatti il suo unico obiettivo è far ridere.
Ma per conseguire questa traguardo vi è bisogno di una maschera adatta, ovvero un comico di grande talento. Mentre la commedia brillante può avvalersi di attori dotati, la comicità necessita proprio di un comico e il testo sarà scritto proprio sulla sua persona. Infatti è difficile che riesca un’opera scritta per un comico che possa essere usata efficacemente da un altro: il copione è in gran parte pre-testuale, pone solo le basi per lasciar libero l’estro del comico.
Un esempio per tutti: Totò.
Il personaggio comico non ha un background, non è chiaro da dove venga o dove vuole andare, le donne nemmeno lo vedono e scatena l’istinto predatore dei poliziotti. Le parole di un comico sono parole vuote che raccontano il vuoto, una rappresentazione gaia della vita, energica e vibrante. Un personaggio simile non può muoversi nella gabbia di una realtà complessa.
Ma la comicità non ricerca per forza il ridere a squarciagola, quanto più il sorriso e l’intrattenimento per tutta la durata del film.
Quindi la drammaturgia comica non può basarsi sulle contraddizioni e la complessità. E anche la sceneggiatura ne sarà influenzata: pochi primi piani proprio perché è tutto il corpo che esegue gli sketch. Non ci saranno giochi di luce, l’attenzione è tutta sul comico che deve essere ben visibile, anche perché, diciamocelo, l’oscurità ha sempre qualcosa di drammatico in sé.
Nel copione vi dovrà essere molto ritmo, moto trainante del pezzo comico
-    Il colapasta
La storia dietro la comicità nasce da un contrasto senza soluzione, uno squilibrio incolmabile.
Un esempio: Vediamo un barbone entrare in un ristorante di lusso e ordinare da mangiare. Anche se la situazione è assurda e può portare a qualche sorriso, non farà ancora ridere. Infatti se il barbone comincia a mangiare la minestra rumorosamente, i commensali non ci faranno troppo caso: è sì un batterio che entra in un organismo collaudato, ma è quello che ci si aspetta da un barbone, nemmeno gli altri commensali ci faranno troppo caso.
Se invece il barbone prima di entrare si è vestito bene, entra nel ristorante di lusso, ordina e comincia a mangiare la minestra in modo rumoroso, l’effetto sarà ben diverso, con i commensali che saranno indignati dal comportamento di quel falso gentiluomo.
Cosa si può anche dedurre da questo esempio? Che il comico anela al conformismo, ma, semplicemente, non ce la fa. Cerca di integrarsi ma fallisce miseramente (e comicamente).
Il comico riesce ad agire al meglio in una società dai poteri forti, in cui la democrazia è stata sostituita dalla conformità, dall’appartenenza a un gruppo sociale. Questo voler essere tutti uguali porta facilmente a fare delle caricature dei vari gruppi sociali. Il comico cerca di entrare in questi gruppi, cerca l’accettazione, ma non vi riesce e quindi diventa, suo malgrado, un reazionario. Non volendo entra in conflitto con l’universo esterno.
-          La gag
Un ottimo esempio di gag viene da uno dei film di Charlot:
Charlot viene lasciato dalla sua donna, nella scena successiva lo si vede di spalle, che scuote forte tutto il corpo.
E mentre il pubblico crede che pianga perché è stato lasciato, lui si gira e si vede che si sta shakerando un cocktail.
Questa scena ci rivela due fondamenti della gag:
La gag prende forza dalla scena precedente (che diventa, quindi, metonimia).
Inoltre il pubblico era convinto di averlo visto piangere, quindi ha già empatizzato nei confronti del comico, rendendolo carico di umanità.
Il comico, quindi, si è umanizzato senza però caricarsi troppo di realtà.
Il termine “gag” viene dall’inglese ed era riferito a quei momenti di improvvisazione durante uno spettacolo quando la memoria sfugge.
La gag è quindi legata all’improvvisazione e all’inaspettato.
Quindi se la gag fa scoppiare in grasse risate è perché deve essere preparata dalle scene precedenti: il copione deve essere pieno di spunti che inducano (e facilitino) una svolta inaspettata e divertente.
Ovviamente le metanimie precedenti non dovranno essere troppo esplicite. Quindi la gag nasce e muore in un momento e non è parte fondamentale nella narrazione.
Per inventare una gag, lo scrittore deve creare una situazione propizia (ad esempio un luogo che dia adito a fraintendimenti). Se il personaggio vuole andare in un bordello ma sbaglia edificio ed entra nello studio di un dentista la situazione si fa subito comica.
Da non sottovalutare è anche l’importanza che possono avere gli oggetti (esempio: un aspirapolvere che sfugge di mano e comincia ad aspirare tutto, anche le parti intime).
Altro elemento fondamentale è affiancare una spalla al comico. La spalla rappresenta il pubblico sullo schermo: è il primo ad essere incredulo verso quanto succede al comico, il primo di cui si vede l’espressione.
-          Drammaturgia del comico
Il drammaturgo che scrive un copione comico deve fare bene attenzione a fornire sì materiale/metanimie per le gag, tuttavia deve lasciare ampio spazio all’estro e alla personalità del comico. Questo non significa che debba tutto basarsi sull’estro dell’attore, perché la storia deve comunque avere una trama e non può essere un insieme di sketch.
Quindi bisogna creare una solida base che dia modo al comico di sviluppare la sua personale comicità, ovvero una griglia narrativa semplice e forte, ma che lasci libero il comico di eseguire variazioni.
La storia, come detto deve essere semplice, ma, visto che è impossibile creare una storia comica di base, bisogna immaginarsi una situazione e immaginarsi dentro il comico prescelto. Praticamente il personaggio si trova dentro in una situazione drammaturgica seria e sarà ancora più facile stravolgerla per far ridere il pubblico.
Insomma: se non vi è dietro una drammaturgia, una storia, rimangono solo le “smorfie”.
Possiamo anche creare una scena paradossale/divertente in cui sia l’attore drammatico, nella sua serietà, a rendere comica la scena. Lì, però, l’attore dovrà seguire attentamente la sceneggiatura creata dal drammaturgo, senza “battutine”: sarà la situazione in cui è stato immesso a risultare comica proprio a causa della sua serietà.

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