La si riscontra (troppo poco spesso) tra le mura domestiche, quelle che
dovrebbero fornire un rifugio dal freddo in una casa in cui l’assenza di calore
si mischia alle urla. La violenza è fatta anche di aghi, inseriti nella pelle
di una neonata dai nonni che non capiscono il valore di una figlia femmina.
La violenza è anche quella psicologica, che denigra una donna,
violentandone l’animo e la personalità.
Concita De Gregorio ci racconta storie di donne, tratte dalla cronaca,
da biografie e persino da racconti e fiabe.
Ne esce un quadro triste, solo a volte rischiarito dalla luce di
personalità femminili piene di forza.
La violenza, d’altronde, non lascia spazio alla luce, è un vortice
oscuro da cui, spesso, nemmeno proviene un grido d’aiuto. E se, invece, una
voce si leva, non ottiene risonanza.
De Gregorio, invece, infrange un muro ancora fatto troppo di silenzio.
Ci mostra una realtà ancora troppo presente per colpirci allo stomaco. Ma non
cerca il sangue, il sangue fa parte di queste tante storie. Ella, invece, ci fa
una cronaca palesemente parziale di cos’è il “Malamore”, di come sia un cancro
da cui, tuttavia, si può guarire.
Un messaggio a tinte fosche per tentare di dare speranza, ma,
soprattutto, un modo per comprendere una piaga millenaria che si sconfigge solo
quando può essere mostrata senza compromessi.
Stiamo parlando di “Malmore” di Concita
De Gregorio, pubblicato da Mondadori nella collana “Piccola Biblioteca Oscar
Mondadori
Nessun commento:
Posta un commento