domenica 22 dicembre 2013

Zenone

La storia dei presocratici secondo Luciano De Crescenzo
12. Zenone


Zenone nacque a Elea intorno al 490 a. C, la sua famiglia abitava poco distante da quella di Parmenide e il giovane Zenone si fece subito notare dal filosofo. Era, infatti, prassi che molti filosofi si attorniassero di seguaci. Infatti Parmenide chiese di adottare il ragazzo. C’è poi chi afferma che il filosofo fosse più colpito dalla bellezza di Zenone che dal suo acume.
Il ragazzo studiò fisica, matematica e astronomia, e fu, inoltre, un ottimo polemista, da Aristotele definito come l’inventore della dialettica. Ebbe numerosi allievi.
La bellezza di Zenone lo aiutava ancora di più nell’arte della dialettica, in cui, a volte, più che i contenuti, contavano la forma: il gesto solenne, il parlare sentenzioso, etc.
Zenone aveva una vera passione politica, che, seppure apprezzata, gli valse la morte. Fu il fautore di un attentato al dittatore di Elea, tale Nearco, che fallì miseramente, probabilmente perché il re era stato informato delle intenzioni del filosofo. Catturato, l’ormai vecchio Zenone si rifiutò di piegarsi alla tortura, non confessando i nomi di chi lo aveva aiutato nella congiura e, anzi, continuando ad elencare unicamente i nomi dei più fedeli al re. Stremato dalla tortura, Zenone affermò di voler raccontare la verità unicamente a Nearco, il quale si avvicinò al filosofo… se non che quello approfittò per addentarli un orecchio.
Trafitto dalle spade, sembra abbia mormorato che “nella vita la virtù non è sufficiente, giacché ha bisogno anche dell’aiuto di un felice destino.”

Zenone si trovava spesso a difendere il suo mentore in merito al principio dell’eleatismo: L’essere è, il non essere non è. Al filosofo veniva fatto rimarcare che se si concepisce l’essere, come non si può concepire contemporaneamente l’idea di non essere? L’essere, quindi, ha bisogno, come elemento pregiudiziale, il non essere. A complemento del tutto, si deduce che “l’essere è, e il non essere non è, pur essendo necessario.”
Zenone, tuttavia, controbatteva questa tesi, la quale portava a conclusione che “l’essere” non è unico, bensì molteplice.
Egli confutava questo tramite paradossi, come l’esempio del tiro di una freccia: se si parte dal presupposto che esista il molteplice, questo va applicato a qualunque situazione, quindi il movimento della freccia scoccata non è un gesto finito e unico ma un’insieme infinito di istanti che si sommano, generando, di conseguenza, un infinità immobilità. Si pensi, in questo senso, alla fotografia di una freccia che vola, che la rende immobile, cristallizzandola in un istante unico.
La conclusione, quindi, di Zenone è che il movimento risulta diverso da chi e quando lo osserva e quindi non esiste.
Ci sarebbero voluti ancora molti anni prima che a confutare questa tesi arrivasse la relatività, a mostrarci che non ha senso dire che un oggetto si muove, se non si specifica anche rispetto a cosa si muove,

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